martedì 23 febbraio 2016

Homework #7

"Le confessioni di un Italiano" - I. Nievo

Fra tutti i dolori miei mi parlava piú chiaramente quello di aver sconosciuto per tanti anni la
pratica rettitudine di Martino, di non aver fatto di lui quel conto che meritava, di averlo creduto, in una parola, una macchina cieca e obbediente mentr'era invece un uomo conscio e rassegnato. (Cap.8)
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Infatti sembrava che egli avesse tre anime invece di una; e gli occhi e i gesti e le parole e i pensieri avevano in lui tanta abbondanza e varietà che non parea bastare a tanto movimento quel solo fornello spirituale che dà calore di vita a ciascuno di noi. Scusatemi la similitudine; se la forza dell'anima si misurasse come quella del vapore, si poteva calcolare la sua a novanta cavalli, limitando a trenta quella della gente comune. (Cap.8)
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No, l'uomo non è un congegno meccanico che produce umori e pensieri, ma è veramente un impasto d'eterno e di temporale, di sublime e d'osceno, in cui la vita, diffusa talvolta equabilmente, si condensa tal'altra in questa parte od in quella per trasformarlo in un eroe od in una bestia! (Cap.9)
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...prima era un operaio povero affaticato ma intelligente e libero, allora era un coso di legno ben inverniciato ben accarezzato perché mi curvassi metodicamente e stupidamente a parar innanzi una macchina. Pure volli star saldo per non precipitare un giudizio, certo oggimai che non sarei sceso un passo piú giù in quella scala di servilità. (Cap.18)

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Per me stento a credere che la nebbia ci fosse ai tempi di Colombo. L'avranno portata le macchine a vapore, come si dice ora della crittogama da qualche pazzo giornalista europeo. (Cap.23)



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